lunedì 28 settembre 2015
THE GRIS GRIS live at the creamery - CD (Birdman, 2008)
I Gris Gris del texano Greg Ashley sono stati, assieme a un manipolo di altri psiconauti come i Residual Echoes di quel pazzo di Adam Payne, coloro che a metà anni duemila iniziarono a lanciare le prime avvisaglie di un ritorno sul larga scala della psichedelia a maglie larghe, che cede sotto la pressione di tutto quello che cerca di contenere. Una musica tradizionale nelle forme, per quanto maciullata in molti frangenti, ma contemporanea nello spirito. E con un che di “abbruttente”, selvaggio nella potenza di fuoco, che non fa strano rivenire al suo interno legami tanto con la tradizione garage revival degli ’80 quanto con esperienze fondamentali per la musica tutta come i Red Crayola del primo album o culti oscuri come i Parson Sound (già che ci siete ascoltatevi la loro From Tunis To India In Fullmoon – On Testosterone per sorprendervi di quanto in là possano spingersi i prodigi dell’immaginazione: Terry Riley, Velvet Underground e John Hassel tutti insieme appassionatamente?). Non so dirvi quanto successo riscossero all’epoca i Gris Gris. Ricordo solo che dei due album pubblicati (entrambi su Birdman: uno dal titolo omonimo nel 2004 e “For The Season” nel 2005) lessi recensioni entusiaste un po’ ovunque. Poi però il nulla, fino all'uscita di questo live nel 2008 che ci informava dell'avvenuto scioglimento della band. Registrato in un ex magazzino dall’acustica spettrale l'album mette in fila una scaletta dei pezzi migliori dei due lavori in studio. Non ci sono grossi stravolgimenti rispetto alle versioni originali ma la pazza intensità dell'attimo presente data dalle sbavature, dai feedback e dal vociare in sottofondo del pubblico cattura come raramente accade in un documento live. E' un qualcosa che ha bruciato l'idea di futuro e si dissolve in una vibrazione di calore gigantesca, passando da un rhythm and blues voodoo-marziale (Ecks Em Eye) a una ballata folkie “di raccoglimento” (Mary #38); per poi cambiare totalmente registro con un pop lisergico dal gusto circense ma luccicante come un torrente di acque nere (Year Zero) e momenti inaspettatamente puliti, dove la terra scaldata dal sole del primo mattino esala gli odori dolci e forti di un blues baldanzoso (Necessary Separation). Se siete dell'idea che gli album dal vivo siano solo roba per fan, qui dovrete metter da parte le vostre riserve. E se vi sembrerà strano approcciare una band per la prima volta partendo dal suo epitaffio, che per di più è un live, beh, ricordatevi che c'è sempre una prima volta nella vita e che forzarsi fa bene, anche se i risultati non sono immediati.
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