venerdì 9 ottobre 2015

THE MYRRORS live @ Tetris - Trieste 8 Ottobre 2015

Manda segnali positivi il pubblico triestino. Contando che è un giovedì sera e che la proposta in cartellone non è delle più immediatamente fruibili, vedere così tanta gente fuori e dentro il locale in attesa dell’inizio del concerto non può che considerarsi già di per sé un successo. The Myrros from Tucson, Arizona. Si presentano come il classico gruppo di male assortiti: tre hippies fuori tempo massimo, un pelatino che ha tutta l’aria di avere dei trascorsi in ambito hardcore-punk, e la classica mosca bianca (manica della camicia arrotolata, capello corto, occhiali, aria da commesso di una ferramenta) che con il resto del gruppo non c'entra una fava e che a me personalmente ha ricordato un incrocio di fisionomie tra Arto Lindsay e Peter Blegvad. Due chitarre, basso, batteria, violino e alcuni strumenti-ammennicoli che producono dei suoni di magica sospensione. Suoni che talvolta guardano alla soundtrack western e talaltra alla musica tradizionale indiana e marocchina. L’inizio del concerto non è dei migliori, disturbato dal gracchiare di un ampli, ma già al secondo pezzo la band prende quota. Il senso complessivo pare quello di un post rock alla Dirty Three in aperta contemplazione di paesaggi sconfinati e desertici, con un senso di luminosa grandezza e lenta lacerazione che si avvicina al modus operandi di gente come Earth, Om e Orthodox. Non ci sono le dinamiche pieno/vuoto dei gruppi che fanno “cinema per le orecchie”, o perlomeno non sono così limpide nel salire d’intensità come ci si aspetterebbe. Si gioca (e molto) nell’istante stirato all’infinito e nel trastullarsi con quel tipo di torpore narcolettico che i padri fondatori dell’acid rock Quicksilver Messenger Service hanno scolpito a chiare lettere in Calvary. Ebbene sì, i Myrrors alla resa dei conti non inventano nulla. Ma non è nemmeno nelle loro intenzioni farlo. Quello che vogliono è trasmetterci la temperatura emotiva che li unisce in telepatia sul palco, regalarci un viaggio. E in posti come il Tetris, dove la distanza tra pubblico e band è pressoché nulla e puoi vedere la goccia di sudore scendere dalla tempia del musicista, proposte del genere hanno un sapore ancora più autentico, vero.

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